Integrazione di mente e corpo: una psicologia umanistica

Quando le vicende della nostra vita non scorrono come vorremmo, quando percepiamo la sofferenza del nostro esistere, desideriamo che le cose cambino: la psicologia ci suggerisce che se NOI cambiassimo anche tutto il resto diventerebbe diverso.

Carl R. Rogers, uno psicologo statunitense che ha vissuto e lavorato in California tra il 1902 e il 1987, sosteneva che ogni guarigione consiste semplicemente nella rimozione degli ostacoli che determinano la nostra sofferenza. Questo maestro, considerato il caposcuola della psicoterapia non direttiva centrata sulla persona, fa senz’altro riferimento a un orientamento filosofico radicato nella fenomenologia prima ancora che a una tecnica psicoterapica.

Il presupposto filosofico si riferisce al fatto, ampiamente dimostrato dalla maggior parte delle scienze dell’uomo, che ogni organismo vivente tende in maniera innata a perseguire un equilibrio omeostatico, ciò che, ad esempio, la medicina definisce come tendenza all’autoguarigione.

Carl Rogers, esplorando le umane vicende, sostiene che ogni essere umano è mosso da una tendenza attualizzante mirata all’autorealizzazione e che proprio nell’autorealizzazione si identificano i nostri desideri di felicità.

Per questa disciplina psicologica il benessere coincide dunque con la realizzazione di sé e con la rimozione degli ostacoli che la impediscono, partendo dal presupposto che “Quel che sono è sufficiente, se solo riesco a esserlo.”

Per questo la terapia centrata sulla persona diventa terapia della consapevolezza e dell’accettazione, il cui scopo e riconoscere chi siamo per consentirci di esserlo.

E’ chiaro che questa filosofia esclude qualunque dualismo tra mente e corpo, tra desiderio e possibilità, tra impulso e raziocinio, e quindi il dualismo che possiamo percepire tra le tensioni che intersecano la nostra esistenza , cioè il conflitto, è definibile come evento sovrastrutturale, interveniente e parassitante.

Ma qual è, dunque, l’origine dei nostri conflitti e del nostro dolore? La psicologia umanistica risponde che la guerra che ci sembra di percepire all’interno del nostro animo altro non è che la dialettica tra ciò che siamo ( e che forse reputiamo insufficiente) e ciò che vorremmo essere per conformarci ad un modello che ci sembra ineludibile. Per questo la psicologia centrata sulla persona giunge a indicare il conflitto come confronto tra un sè reale e un sè ideale, cioè, in definitiva, un falso sé.

Consapevolezza e integrazione, accettazione di sé e autorealizzazione, diventano perciò obiettivi comuni delle terapie e delle tecniche, a mediazione verbale o corporea, che ci mostrano a noi stessi e che ci insegnano a riconoscere, apprezzare e dar voce al nostro sentire, cioè a tutto quello che la mente umana elabora come emozione.

Alba Maria Pulimanti  –  Psicologo Psicoterapeuta  –  Genova